Fotografia all’infrarosso - parte I
Esempio di workflow da applicare ad immagini ottenute con macchine fotografiche non modificate applicando di fronte all’obbiettivo un filtro IR 72
1. Introduzione
1.1 Quali sono le caratteristiche della luce che colpisce il sensore?
Considerando luce bianca con temperatura di colore attorno ai 6500 K, rispetto alla potenza della radiazione luminosa nell’intero intervallo di sensibilità del sensore della macchina fotografica (da circa 380 nm a circa 1100 nm), la radiazione infrarossa – compresa tra 720 nm e 1100 nm – costituisce poco più del 30%.
Occorre anzitutto chiarire che quando si monta un filtro infrarosso (ad esempio, IR 72, che lascia passare le componenti infrarosse con lunghezza d’onda superiore a 720 nm) di fronte all’obiettivo di una macchina fotografica non modificata (cioè alla quale non è stato rimosso il filtro IR interno, che invece attenua l’infrarosso), non si fotografa solo la componente infrarossa della luce che colpisce l’obiettivo, ma un misto di luce visibile ed infrarossa, nel quale la quota parte di potenza ottica della luce a componente infrarossa riferita alla luce visibile è decisamente maggiore di quella che colpirebbe il sensore se il filtro IR 72 esterno non fosse inserito. Questa “prevalenza” di radiazione rossa ed infrarossa giustifica la definizione “fotografia all’infrarosso”, anche se ciò che colpisce il sensore non è solamente luce infrarossa. Occorre ancora sottolineare che la banda infrarossa sentita dal sensore corrisponde all’infrarosso vicino (fino a circa 1100 nm) e non comprende l’infrarosso termico.
I risultati che si possono ottenere sono interessanti, ma abbastanza poco prevedibili e variano da macchina fotografica a macchina fotografica. La ragione di questa scarsa prevedibilità del risultato è da ricercarsi nel fatto che di fronte al sensore, internamente alla macchina, è posto un filtro IR che attenua fortemente la radiazione infrarossa (anche di 10 – 12 stop), mentre lascia passare le componenti luminose a lunghezza d’onda minore (visibile). La lunghezza d’onda alla quale il filtro interno interviene varia da macchina a macchina – e questo causa principalmente la variabilità dei risultati – ed in genere è compresa tra 700 nm ed 800 nm.
Attenzione, il filtro esterno, montato davanti all’obiettivo, è un filtro che attenua il visibile e lascia passare quasi non attenuato l’infrarosso, mentre quello interno svolge il compito opposto, nel senso che attenua l’infrarosso e lascia passare il visibile. Se i due filtri fossero ideali (perfetti) non passerebbe luce. Il risultato dell’azione combinata dei due filtri reali è una forte attenuazione di tutte le componenti spettrali, dal visibile all’infrarosso vicino, ed una forte modifica dello spettro della radiazione luminosa che colpisce il sensore. Questo conterrà sia quelle componenti del visibile che attraversano comunque il filtro infrarosso esterno, risultando tanto più attenuate quanto più lontane dal rosso, sia le componenti infrarosse che attraversano sostanzialmente non attenuate il filtro IR 72 esterno per poi essere fortemente attenuate dal filtro interno che dovrebbe “rimuovere” gli infrarossi, ma che invece li attenua solamente.
Il risultato è una fotografia “quasi monocromatica” con una fortissima dominante rossa, nella quale i verdi ed i blu sono molto poco espressi, ma non totalmente assenti. Questa situazione è ben visibile dall’istogramma riportato in alto a sinistra nella figura 1, che mostra come le campane del verde e del blu cadano di fatto nella zona delle alte ombre e dei neri (cioè, i pixel blu e verdi ricevono pochissimi fotoni).
1.2 Come gestire l’esposizione?
C’è una grossa differenza, in termini di gestione dell’esposizione, tra macchine reflex e mirrorless. Nelle macchine reflex, in genere, la misura dell’esposizione viene fatta sul sensore di messa a fuoco, che di fatto non è schermato rispetto alla componente infrarossa. Nelle mirrorless la misura dell’esposizione viene fatta direttamente sul sensore d’immagine che è schermato rispetto alla radiazione infrarossa. Di conseguenza, la misura dell’esposizione fatta con filtro IR 72 di fronte all’obiettivo sarà sostanzialmente corretta nelle mirrorless, perché la luce è misurata direttamente sul sensore d’immagine dove la radiazione infrarossa è molto attenuata dal filtro IR posto sul sensore, mentre la misurazione fatta con la reflex porterà, se applicata senza correzione, ad una forte sotto esposizione, perché la misura è fatta sul sensore di messa a fuoco, che non è schermato per l’infrarosso, ma l’immagine è registrata dal sensore di immagine, che è preceduto dal filtro che attenua fortemente l’infrarosso. Il risultato è che sulle reflex che utilizzano il sensore di messa a fuoco secondario, per ottenere una corretta esposizione, si dovranno allungare di molto i tempi: ad esempio, un’immagine per la quale l’esposizione “corretta” indicata dall’esposimetro della macchina fotografica è 1/20 s potrà richiedere un’esposizione di anche 15 s - 20 s, quindi l’esposizione indicata dall’esposimetro dovrà essere corretta “allungandola” di 8 – 9 stop equivalenti. Lavorando con una reflex il problema può essere in parte risolto utilizzando la modalità “Live view”, cioè alzando lo specchio ed usando di fatto la macchina come una mirrorless: siccome in questa modalità la macchina calcola messa a fuoco ed esposizione direttamente sul sensore, i tempi indicati dall’esposimetro saranno sostanzialmente corretti.